È indubbio che la professione stia cambiando molto velocemente: in una recente ricerca della FNC, avente a oggetto “Il processo di aggregazione e la digitalizzazione negli studi professionali”, è stato evidenziato che la durata media delle competenze legate all’attività professionale del commercialista, a partire dal 2010, è pari a 5 anni, mentre negli anni Ottanta la durata era di 30 anni, praticamente quasi un’intera vita professionale!
Non si può prescindere dall’adattarsi con la stessa velocità ai nuovi scenari che si stanno profilando.
Quotidianamente ci relazioniamo con clienti sempre più esigenti e con una Pubblica Amministrazione che ci chiede molto in termini di collaborazione, ma non ci agevola con la sospirata semplificazione fiscale; operiamo in un mercato popolato da soggetti – non sempre affidabili – che offrono servizi di consulenza alle imprese senza alcun obbligo deontologico e senza garanzie per il cliente. Negli ultimi anni, l’esercizio della nostra attività è complicato da una regolamentazione che prevede una molteplicità di elenchi e albi, ciascuno con i propri obblighi in termini di formazione e regolamenti (mi riferisco al registro dei revisori legali, all’elenco dei revisori enti locali, all’albo dei curatori, all’elenco dei gestori della crisi da sovraindebitamento ecc).
Il tempo sta diventando una risorsa sempre più preziosa e la qualità della nostra vita ne risente in maniera preoccupante.
Nessuno ha mai detto che la nostra è una professione semplice, ma in questi ultimi anni il livello di complessità è salito moltissimo e il risultato di tutto ciò è la scarsa attrattività che la professione di commercialista presenta nei confronti dei giovani. Fatta questa analisi estremamente realistica, resta il fatto che il commercialista rimane l’interlocutore privilegiato dell’imprenditore, soprattutto se parliamo di PMI e di imprese familiari.
I commercialisti sono legati da un rapporto di grande fiducia coi clienti, forti della conoscenza delle dinamiche non solo imprenditoriali ed economiche ma anche familiari. Il rapporto di fiducia che lega il commercialista all’impresa e alla famiglia imprenditoriale è una ricchezza e un elemento caratterizzante della nostra professione.In questo contesto, l’errore più grave che un commercialista può commettere è quello di non fare nulla! È indispensabile oggi adottare una strategia per la gestione e lo sviluppo degli studi, che preveda un cambiamento dei modelli organizzativi e dei processi lavorativi.
In primo luogo, è opportuno partire da un’analisi approfondita della situazione del proprio studio, con un esame dei punti di forza e di debolezza e delle risorse disponibili e acquisire la consapevolezza del percorso di sviluppo che si decide di intraprendere.
Ritengo che le tre direttrici verso le quali i commercialisti devono orientarsi nella gestione strategica dei propri Studi siano rappresentate da:
- specializzazioni
- digitalizzazione dei processi all’interno degli studi
- aggregazioni e network
Le specializzazioni consentiranno di rispondere meglio alle esigenze delle imprese clienti, con una consulenza di qualità elevata e di fronteggiare la concorrenza di altri soggetti presenti sul mercato (mi riferisco anche a banche, società di revisione ecc.).
La digitalizzazione dei processi interni degli Studi consentirà di diminuire il tempo dedicato agli adempimenti contabili e fiscali, liberando quindi risorse da dedicare alla attività di consulenza. Si iniziano a intravedere ora i primi effetti positivi dell’introduzione della fattura elettronica, ma nessuno di noi ha dimenticato le enormi difficoltà dei primi mesi di quest’anno.
Infine, le reti, più o meno formalizzate, tra colleghi e le aggregazioni tra studi, soprattutto quelli individuali o di minori dimensioni, consentiranno di affrontare gli investimenti necessari per la crescita, soprattutto in campo IT, di dedicarsi alla formazione specialistica e di ampliare le attività svolte in studio.
Lo studio della FNC, citato in premessa, riporta che il reddito annuo del commercialista che esercita la professione in forma associata è mediamente pari a 125.000 euro, nettamente superiore a quello del professionista che esercita in forma individuale, pari a 49.000 euro.
Qualsiasi sia il percorso di sviluppo strategico che si intende realizzare, è indispensabile il coinvolgimento della struttura, cioè delle risorse umane, che rappresentano la principale voce di costo degli studi. Le persone vanno informate e coinvolte al fine di vincere la naturale ritrosia verso le novità e i cambiamenti; motivare le persone e coinvolgerle nelle decisioni operative contribuisce alla creazione di un team che si impegna e lavora per il raggiungimento di obiettivi comuni. La tecnologia in questo processo di crescita rappresenta un mezzo, uno strumento per il raggiungimento degli obiettivi, mentre resta fondamentale la relazione con il partner tecnologico, soprattutto per gli studi più piccoli che non dispongono all’interno della struttura di un IT manager.