In quale contesto si trovano oggi a operare gli Studi Professionali?
Senza dubbio non certo semplice: i clienti chiedono ai propri commercialisti una disponibilità massima, a qualsiasi ora del giorno e della notte, consulenza su tutti i temi, non solo fiscali e contabili e, naturalmente, vogliono spendere il meno possibile. D’altronde in questa particolare fase economica molte imprese hanno a che fare con un calo del fatturato. Questo porta spesso gli imprenditori a tenere una posizione difensiva, basata sul contenimento dei costi, il ricorso agli ammortizzatori sociali, alla cassa integrazione, nell’attesa che qualcosa succeda.
Eppure, secondo una ricerca condotta da Ipsos e Università Bicocca, oltre la metà del campione di imprenditori ritiene che – nonostante il momento rischioso – ci siano anche molte opportunità relativamente alla digitalizzazione, all’innovazione dei mercati e di lanciare nuovi prodotti. Secondo poi il recente rapporto dell’Istat sugli effetti della pandemia sulle aziende, l’impatto del Covid è stato più severo per le imprese di minore dimensione. Inoltre, a fine 2020, quasi 2 terzi delle imprese con almeno 3 addetti risultavano prive di un piano strategico su come affrontare questo momento.
Una svolta digitale per gli Studi Professionali
Cosa possono fare i commercialisti per spingere la ripartenza?
“Come commercialisti possiamo fare qualcosa in questo momento, perché i nostri clienti sono soprattutto le PMI, che in questo momento hanno maggiormente bisogno di supporto”, evidenzia Paola Castiglioni, Presidente Ordine dei Commercialisti ed Esperti Contabili di Busto Arsizio.
Un supporto che però passa necessariamente da una svolta, digitale e cloud degli Studi Professionali: “All’interno degli Studi Professionali non è importante quale piattaforma si adotti ma, piuttosto, che ce ne sia una soltanto: cioè si deve utilizzare un’unica piattaforma sia per gestire lo studio che i rapporti con i clienti. Consentendoci una maggiore tempestività: dobbiamo educare i clienti a lavorare con strumenti coi i quali non hanno mai lavorato, quali i budget, i piani di investimento, la sostenibilità”.
La necessità di colmare il gap di competenze
Strumenti che esistono da tempo ma che le PMI non hanno mai utilizzato per mancanza di tempo e anche di competenze digitali, per le quali l’Italia si trova in fondo alle classifiche europee.
Ma qualcosa sta forse cambiando: “Sicuramente è importante colmare il gap a livello di competenze. Esiste un piano operativo a livello nazionale e l’Italia sta comunque attivando una serie di misure, come peraltro previsto dal Recovery fund. La pandemia ha accelerato la digitalizzazione, però la tecnologia da sola non basta: serve una direzione strategica che incanali tutto verso obiettivi ben definiti. Da soli non possiamo certo colmare questo gap, ma i commercialisti stanno facendo molto, ad esempio utilizzando il digitale per comunicare con la Pa stanno fornendo un grandissimo contributo”, conclude Castiglioni.
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