Da diverso tempo ci sono alcune tematiche che mi preme approfondire e condividere. L’occasione per dare risalto a queste tematiche, da me sviscerate e studiate specialmente negli ultimi anni, si è presentata anche poco tempo fa. Sono stato contattato dall’Accademia dei Commercialisti e dal suo Presidente, Fausto Turco, diventato ormai un amico. Insieme a Fausto e al suo team, dopo aver ricevuto la proposta di diventare Ambassador dell’Accademia, ruolo che ho accettato con piacere, ho messo sul piatto quelli che secondo me potevano essere alcuni argomenti d’interesse per il pubblico e per un primo appuntamento Live su LinkedIn. Ho lavorato a stretto contatto con le regole del lavoro sin dai tempi degli studi universitari, poi da avvocato libero professionista, quindi come dipendente nell’ufficio legale e contrattualistica di una corporate. Infine, dopo essere diventato genitore, sono tornato al mio vecchio ruolo di avvocato libero professionista dedicandomi però sempre alle tematiche di Diritto del lavoro, rendendomi oltremodo conto di come le aziende, ad oggi, abbiano bisogno di uno scatto evolutivo.
Le tematiche che ritengo ci sia bisogno di approfondire sono appunto quelle per le quali le regole del lavoro consentano alle persone di stare negli ambienti lavorativi nel miglior modo possibile. Il fatto che fino ad oggi il lavoro fosse considerato il centro nevralgico dell’organizzazione del tempo delle persone, è stato per certi versi “distorto”. Questa consapevolezza si è sviluppata definitivamente dopo il periodo pandemico. Da lì si è cominciato a ripensare ad un sistema lavorativo che stesse in equilibrio con le esigenze di tempo libero della vita privata.
L’importanza del welfare
Ciò che dovrebbe passare al giorno d’oggi è che “l’essere al lavoro” non è per forza di cose un continuo gioco di tensione tra gli interessi dell’impresa e il lavoratore. Al contrario è un momento di cooperazione e condivisione. Un esempio lampante di cambiamento potrebbe essere legato alla questione del welfare aziendale. Se si cominciasse a ragionare guardando le leve di welfare da un’altra prospettiva, ulteriore rispetto a quella ad esempio di prestazioni offerte perché utili anche ai fini di risparmio fiscale e contributivo, comincerebbe a passare il concetto che queste servano a motivare le persone all’interno dell’organizzazione di lavoro. Ad attrarle nell’organizzazione. Un esempio calzante potrebbe essere quello del welfare genitoriale. Le aziende stesse, visti i ritardi e le complicanze di organizzazioni e istituzioni, potrebbero cominciare a costruire delle strutture di Welfare per facilitare la vita di un genitore. Riguardo ciò è importante ascoltare le persone, per capirne le esigenze e utilizzare al meglio lo strumento del Welfare.
Il welfare è qualcosa da costruire per garantire una soddisfazione reciproca tra impresa e lavoratore.
Un altro tema che rientra sempre nei canoni dell’organizzazione e della pianificazione del lavoro è quello legato al lavoro agile. Bisogna riuscire ad evolversi anche tramite queste modalità di lavoro diverse da quelle tradizionali. Incrementando le regole che ci si deve dare per lavorare bene all’interno appunto di questi nuovi schemi e in seconda battuta renderle comuni, creando quindi una sorta di educazione civica del lavoro.
Telelavoro, lavoro agile e smart working
Utile sarebbe, in questo contesto, cominciare a differenziare i significati di telelavoro, lavoro agile e smart working. Questo perché ad oggi la situazione è ancora molto confusa e frammentata. Le differenziazioni non sono solo tecniche. Da un punto di vista legale abbiamo solo due discipline: Telelavoro e Lavoro agile. Sul Telelavoro abbiamo una disciplina europea di cornice e più discipline, nel senso che vengono applicate più discipline previste dai contratti collettivi. Per il lavoro agile invece abbiamo una normativa nazionale. Una legge che ci definisce e ci descrive cos’è il lavoro agile.
Lo Smart working è qualcosa che in realtà, dal punto di vista normativo, non esiste. Cioè non esistono norme che lo descrivono e che descrivono come si fa, è stato usato quanto più come sinonimo di un modello organizzativo di lavoro. Il problema di lessico si è posto durante il periodo pandemico, perché ciò che è stato fatto durante la pandemia era probabilmente simile ad una forma di telelavoro tenuto conto della rigidità del luogo di lavoro: casa propria.
Tutto passa, insomma, dagli accordi individuali stipulati tra imprenditore e lavoratore. Per certe persone queste modalità di lavoro agile o telelavoro, potrebbero essere più produttive, per altre invece, in base alle mansioni, potrebbero esserlo meno. È questione di strategia. Un contratto di lavoro è, non dimentichiamolo, un accordo e quindi l’incontro di volontà di persone con gli interessi che, come detto, non sono contrapposti ma si compongono attraverso l’incontro di volontà reciproche.
Il tema delle relazioni in questo campo è fondamentale. Educarci ed educare le generazioni future al fatto che, nel lavoro, ci siano delle regole di comportamento che facilitano le relazioni tra persone, è un modo per scardinare il pensiero del passato. Quel modo che ha sempre elevato il lavoro a solo “luogo” di sacrificio.
3 consigli per un buon lavoro
A fronte di tutto questo discorso sono dunque 3 le cose importanti da tener presente per cominciare a pensare ad un buon lavoro.
- Iniziare a capire, attraverso la contrattazione individuale, la possibilità di trovare accordi di lavoro agile ben fatti, per lavorare meglio.
- In seconda battuta sarebbe utile tener conto delle esigenze extra lavorative delle persone. Questo per riuscire a far sì che l’ambiente lavorativo sia un ambiente più accogliente.
- In ultimo, tornando al concetto di lavoro agile e lavoro giusto, bisognerebbe valutare bene l’impatto del lavoro sulla salute e sul benessere psichico. Impedendo quindi una disorganizzazione che influisca negativamente sulla mente delle persone.