In data 4 settembre 2019 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 101 del 3 settembre 2019, che contiene disposizioni urgenti per la tutela del lavoro e per la risoluzione di crisi aziendali.
Nelle intenzioni del Legislatore tale provvedimento è volto a garantire la tutela economica e normativa di alcune categorie di lavoratori come riders, lavoratori disabili, lavoratori socialmente utili e di pubblica utilità e a salvaguardare i livelli occupazionali e garantire sostegno al reddito dei lavoratori convolti nelle crisi aziendali.
Tale misura era stata fortemente voluta dall’allora Ministro del Lavoro, Luigi Di Maio, come era stato annunciato fin dall’insediamento del primo governo Conte.
Cosa è la gig economy e chi sono i lavoratori della gig economy
La cd. gig economy è una delle nuove forme di organizzazione dell’economia digitale. Il termine si traduce in italiano come economia dei “lavoretti” e in origine corrispondeva all’attività che una persona svolgeva a tempo perso, come fosse un secondo lavoro. Il modello economico attuale spinge verso un lavoro sempre più parcellizzato, affidato a freelance, ma gestito dalle piattaforme digitali con formule di organizzazione che molto spesso sono del tutto simili a quelli del lavoro subordinato.
La gig economy si impernia su un lavoro vero e proprio, organizzato dalla piattaforma digitale attraverso freelance. I lavoratori della gig economy vengo generalmente individuati come coloro che utilizzano per lo svolgimento dell’attività biciclette o veicoli a motore, a potenza e cilindrate limitate, come esplicitato anche dal nostro Legislatore.
La definizione di piattaforma digitale
Il decreto n. 101/2019 definisce le piattaforme digitali ovvero “i programmi e le procedure informatiche delle imprese che, indipendentemente dal luogo di stabilimento, organizzano le attività di consegna di beni, fissandone il prezzo e determinando le modalità di esecuzione delle prestazione”.
Due prime osservazioni: il Legislatore ha limitato le piattaforme digitali alle sole attività di consegna beni, e ha ritenuto che non rivestisse alcuna rilevanza la localizzazione della società committente. In pratica la sede della società può essere in Italia (anche in differenti luoghi) o anche all’estero, ma ciò non rileverà ai fini delle tutele. Le piattaforme mettono, dunque, in relazione a distanza le persone per le attività di consegna dei beni. All’atto dell’ordinazione la procedura determina le caratteristiche della prestazione o del servizio che sarà fornito e ne fissa il prezzo.
Diritti dei lavoratori
Il Decreto ha come scopo precipuo “promuovere un’occupazione sicura e dignitosa per i prestatori occupati con rapporti di lavoro non subordinato, stabilendo livelli minimi di tutela per i lavoratori impiegati nelle attività di consegna beni”. Il Legislatore ha operato due distinzioni dei soggetti tutelati: da un lato vi sono i riders occupati con rapporti di lavoro non subordinato, ossia parasubordinati. A tali soggetti si applicheranno – immediatamente – le tutele previste per il lavoro subordinato, ad eccezione ovviamente di quelle in materia di licenziamento e la prestazione comporterà un minore esercizio del potere disciplinare/gerarchico da parte del datore di lavoro. In buona sostanza è stata estesa la previsione relativa ai collaboratori parasubordinati “eterodiretti” (ossia organizzati dal committente sia per quanto riguarda tempi e luoghi di lavoro) anche a coloro che eseguono la prestazione, in maniera esclusivamente personale e continuativa, mediante piattaforme digitali (art. 2 D.lgs n. 81 /2015).
Dall’altro vi sono i lavoratori che operano al di fuori di un rapporto di lavoro subordinato i cd. autonomi, che hanno diritto:
- ad essere retribuiti in base alle consegne effettuate purché in misura non prevalente;
- alla retribuzione a base oraria a condizione che, per ciascuna ora lavorativa, il lavoratore accetti almeno una chiamata nell’ora di attesa. Tale importo s’intende aggiuntivo alla retribuzione erogata normalmente per le consegne effettuate.
In buona sostanza uno dei criteri per la determinazione del compenso sarà quello della consegna, ma non potrà certamente essere quello determinante, anche al fine di evitare che si ricada nel lavoro retribuito a cottimo. È poi lasciata la possibilità alla contrattazione collettiva (di ogni livello e quindi anche aziendale) di individuare schemi retributivi ed incentivanti.
Nonostante le parti sociali hanno già manifestato delle forti perplessità sull’impianto complessivo del decreto, il ruolo della contrattazione collettiva dovrebbe essere quello di fissare i minimi di tutela retributivi, non legandoli esclusivamente alle consegne. Il provvedimento prevede poi che sia in ogni caso obbligatoria la copertura assicurativa contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, il cui premio è determinato in base al tasso di rischio corrispondente all’attività svolta.
Da ultimo la normativa, chiudendo la tematica infortuni sul lavoro, prevede in maniera del tutto anomala l’applicazione del Dlgs. n. 81/2008 (Testo unico sulla Sicurezza) anche alle imprese che si avvalgono delle piattaforme digitali. Nel caso di specie l’anomalia è determinata dal fatto che i mezzi utilizzati dai riders e i luoghi della prestazione non sono in alcun modo nella disponibilità del committente, che gestisce esclusivamente la piattaforma digitale. Conseguentemente l’assoggettamento a tale disciplina comporta notevoli difficoltà per le società committenti.
La valutazione dei rischi ed il relativo documento diventa infatti molto complesso da eseguire e da predisporre, non potendo le committenti prevedere e valutare gli eventuali rischi di un’attività di cui non conoscono né l’effettiva modalità di svolgimento né il luogo di prestazione. È opportuno sottolineare che le misure che riguardano le tutele dei riders entreranno in vigore dopo 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del Decreto Legge. Bisognerà dunque attendere 6 mesi dall’entrata in vigore della legge per vedere i primi effetti di tale disposizione normativa.
Il provvedimento, che è certamente migliorabile e che lascia numerosi problemi aperti, è certamente un primo doveroso passo per garantire una serie di tutele a soggetti che prestano un’attività lavorativa e che sono sempre più presenti nella nostra vita quotidiana.